PICCOLA PATRIA
L'opera di Alessandro Rossetto è il miglior film italiano visto a Venezia 70. Fuori concorso, un po' sgangherato ma vivo e potente alla stregua della sua giovane interprete Maria Roveran. Come accaduto per L'intervallo e Corpo celeste, la nuova cinematografia italiana si fa forte di un racconto piccolo e straniante, nascosto nel microcosmo della provincia, ma diretto al centro nevralgico di una patria/paese che sulla schiavitù fonda la sua rinnovata legittimità governativa. Violenta e senza speranza, l'urbanistica degradante del far-est padano che fa da contesto all'ossessiva ricerca dei suoi abitanti. Piccola Patria è il racconto, non di un paese, ma di chi ne calpesta il suolo. Donne è uomini alla ricerca di una fuga personale, politica, sociale, culturale. Induzione è la parola che meglio racconta questo film. Bisogni indotti, come frustrazioni, in una patria che non è né piccola, né povera, ma semplicemente quello che è. L'ACQUA ZE' MORTA.
L'ALTRA PATRIA
L'utopia di una narrazione infinita. Il cinema come strumento di rappresentazione del tempo e dello spirito che anima il concetto di patria. Die andere heimat, quarto capitolo del racconto di vita di una nazione, è quanto di più vicino alla perfezione cinematografica. Se esiste un luogo dove l'utopia del capolavoro assoluto diviene realtà questo è la cinematografia di Edgar Reitz. E' l'origine dei Simon, la famiglia protagonista di tutti i capitoli di Heimat, che da vita alla saga cinematografica della storia di Germania. E' l'origine di un tempo drammatico e meraviglioso che con i ritmi e le emozioni della scoperta si muove tra la formazione degli uomini e la rivelazione del futuro. Macchina a vapore e un'altra patria da conquistare. E' il cammeo finale di Werner Herzog a riportarci alla realtà, ricordandoci che ancora una volta siamo all'origine del cinema. Un cinema moderno e antico. Un cinema nuovo. Una neu welle che ancora oggi è il futuro del cinema. A soli 80 anni Edgar Reitz ci confessa di essere ancora all'inizio. BIS ZUR NÄCHSTEN HEIMAT.REDEMPTION
Un film di montaggio dove ad essere smontate e scombinate non sono solo le immagini di archivio tratte delle storie più o meno ufficiali di Portogallo, Italia, Francia e Germania, ma soprattutto la rappresentazione della realtà che si confonde con l'immaginazione della realtà. Dove la storia di Europa si materializza, sgretolandosi attraverso le parole dei quattro apocrifi padri della patria, è la storia dei suoli natii che si confonde, si somma, si moltiplica, cedendo allo spettatore la chiave di lettura e la libertà di tessere la trama della ricomposizione attraverso i titoli di coda. Sarebbe potuto accadere, è accaduto veramente? Certo è che il cinema di Manuel Gomes riesce dove gli altri inciampano. Prende per mano lo spettatore e lo conduce in un meraviglioso gioco inebriante degno del miglior cinema espressionista. Non è cosa da poco per un mockumentary sulla storia d'Europa. Redemption come riscatto o come marketing insegna: risultato di una promozione di vendita? QUANDO LA POLITICA SI FA MERCATO.
dalla rubrica MILLE E PIU' NON REPLICO pubblicata su UMBRIA NOISE n.16