mercoledì 2 aprile 2014

April come she will

Con la primavera arrivano finalmente in sala due film tra i più attesi della stagione. Il discusso e pruriginoso Nynphomaniac di Lars Von Trier, che uscirà suddiviso in due volumi, data la lunghezza dell’opera: la prima sarà in sala dal 3/04 e la seconda parte dal 24/04. E tra le due, il 10 aprile, farà il suo debutto anche l’atteso e brillante The Grand Budapest Hotel di Wes Anderson. Non avendoli visti mi sono affidato alle grazie turbolenti di Andrea Mincigrucci che, vivendo in Francia, spesso ha la fortuna di vedere i film con qualche mese di anticipo su di noi. In uscita il 10 aprile anche un piccolo ma importante lungometraggio che spero trovi la visibilità che merita, visto e considerato che, secondo il sottoscritto (László), è il film italiano più bello visto a Venezia 70: Piccola Patria di Alessandro Rossetto. Ne abbiamo già parlato, ne parleremo ancora. BUONA PRIMAVERA.



LARS VON TRIER
Nimph()maniac. Caliamo subito gli assi: la pornografia, che tanto interessa la stampa italiana, c’è! Ma, e qui la delusione del critico da rotocalco, si riduce al solo linguaggio, perché il film è tutt’altro. La trascendenza, la costruzione di significati esistenziali, che al film porno come genere manca, prende forma nel lavoro di Lars Von Trier. Tra immagini di rara potenza ed un certo verbosismo intellettualoide, Lars, togliendosi non pochi sassolini dalle scarpe, sempre nascosto dietro al Virgiliano personaggio di Stellan Skarsgård, declina una tipologia umana ed una sua possibile lettura. Descrive la concretizzazione esistenziale di un psiche, quella del ninfomane, muovendo in questo una critica al sistema valoriale che crea la pornografia: nominando e catalogandolo, relegandolo ai margini perversi del tessuto psichico e sociale il ruolo della donna. C’è una condanna al linguaggio edulcorato, smielato del politically correct, c’è l’affermazione libera del proprio essere, della propria personalità e della ribellione ad un sistema che vuole che ci impone di essere diversamente da come siamo o vogliamo essere. Il film può non piacere affatto, può essere disturbante ma allo stesso tempo, per chi avrà l’onestà di guardarselo tutto, e senza azionare facili filtri moralizzatori, sarà un’esperienza cinematografica e psicologica di rara potenza. Aspettate di vedere entrambe le parti prima di abbatterlo, condannarlo, vituperarlo o magari amarlo. MIO FRATELLO È FIGLIO UNICO PERCHÉ (...) NON HA MAI CRITICATO UN FILM SENZA MAI PRIMA VEDERLO.



WES ANDERSON
The Grand Budapest Hotel è il film che ha tutte le carte in regola per portare il pubblico in sale e divertirlo. Ha un regista, Wes Anderson, che è una garanzia nel genere (Fantastic Mr. Fox, Il treno per Darjeeling). Ha un cast d’eccezione che nel turbinio degli eventi appare e scompare per poi, forse, riapparire (Tilda Swindon, Bill Murray, Adrien Brody, Léa Seydoux e chi più ne ha più ne metta). Ha soprattutto una prova di regia geniale che gli è valsa un premio al Festival di Berlino. Gustav H. (Ralph Finnes) concierge del Grand Budapest Hotel e amante di tutte le sue vecchie e ricche clienti si tuffa in un’avventura rocambolesca insieme al suo lobby boy Zero Mustafa (Tony Revolori) e alla sua giovane fidanzata Agatha (Saoirse Ronan). L’omicidio di una ricchissima e anziana donna, un’enorme eredità, un preziosissimo quadro da nascondere e un testamento da recuperare, tutto questo all’ombra di una guerra imminente e di una feroce dittatura straniera. Storia banale e scontata? Immergetevi nell’avventura di The Grand Budapest Hotel, un divertimento veloce, coloratissimo, scanzonato e dissacrante, e poi ne riparleremo. TAKE YOURS HANDS OFF MY LOBBY BOY


dalla rubrica MILLE E PIU' NON REPLICO pubblicata su UMBRIA NOISE n.21