venerdì 29 marzo 2013

Se a gennaio hai già visto il film dell'anno


Fiasco, successo, pretenzioso, immortale, pretestuoso, capolavoro, storia del cinema, rottura immane... ne ho sentite di ogni. Social network, blog più o meno rispettabili, riviste online, riviste cartacee, ristoranti, bar e capannelli di discussione fuori dalle sale cinematografiche. In ogni luogo virtuale o meno si è celebrata l’apoteosi delle parole: discussioni e litigi interminabili sull’ultimo film di Paul Thomas Anderson, divertenti ed estenuanti come raramente mi è capitato di vivere per un opera cinematografica. Dapprima sorpreso, poi incuriosito dall’acredine con la quale ci si è scagliati contro un film che considero un capolavoro, ho chiesto un po’ in giro cercando un volontario o una volontaria che volesse divertirsi nel distruggere, dissacrare o più semplicemente sconsigliare la visione di The Master. Ne è nato un interessante featuring con Simone Rossi. A lui il ritornello del perché no, a me la strofa del perché si!!!


PERCHE’ NO

Inizia The Master e pensi a Il Petroliere, con l'incontro/scontro tra due uomini solo in apparenza agli antipodi. Il cinema di Anderson è sempre una goduria per la vista, con i suoi spazi aperti allestiti come un salotto buono. Ma se l'avvio è folgorante – l'isola, il centro commerciale – con la cinepresa che bracca il reduce Freddie (Phoenix); l'entrata in scena del corpulento Dodd (Hoffman), crea l'ingorgo. Non certo perché si navighi a vista. Il problema è in un discorso filosofico sul mondo troppo autoreferenziale, infarcito di momenti e situazioni inopinatamente lasciati in sospeso. Certo il messaggio implicito è chiarissimo: nessun Maestro può esistere senza un Allievo che lo idolatri. Ma poi? Il gioco di ambiguità che dovrebbe restituire lo smarrimento da dopoguerra di un Paese, non può bastare: e lo spettatore finisce per sentire puzza di fregatura. The Master è per questo un film poco riuscito. Ma da rivedere. Per capire se, e quanto volontariamente, il regista si sia divertito a confonderci.


PERCHE’ SI

The Master. Perché non vederlo? Perché privarsi di tanta rara bellezza? Non è lento lui, lo siete voi nel capire. Non è autoreferenziale, lo siete voi: incapaci di cogliere dentro lo schermo l’esposizione di un teorema che terrorizza le coscienze. Il racconto della natura capitalistica e dell’uomo postmoderno. Anderson riempie carne e spirito, con una lezione di regia che nel suo manifestarsi diventa storia del cinema. Una fotografia controluce che irrita i nostri occhi come l’unico specchio, funzionante, che riflette la nostra immagine distorta. L’imponente Dodd (Seymour Hoffman) vende ciò di cui l’uomo ha bisogno. Parole come elettrodomestici, cure come automobili, sogni come libri a domicilio. Mentre Dodd e la luciferina Peggy (Amy Adams) costruiscono il monte di pietà, il mostruoso Freddy (Joaquin Phoenix) offre loro una prateria di cambiali, prestiti al consumo, rate ed interessi. Un film nella crisi. Ma con una speranza: si può smettere di pagare. CHE A FALLIRE SIANO LE BANCHE!!!

dalla rubrica MILLE E PIU' NON REPLICO pubblicata su UMBRIA NOISE n.10

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